Il rito che tutte le domeniche noi celebriamo qui assieme, è il rito del nuovo Patto, ha detto Gesù (Luca 22.20; 1a Cor. 11.25). Il Patto a cui alludeva Gesù, è quello stabilito fra Dio e l'uomo. Dio offre in dono la salvazione per mezzo di Cristo; l'uomo accetta e si appropria questo dono mediante la fede. Il Patto antico fu stabilito mediante sangue di animali (Esodo 24.5-8; Ebr. 9.19-20); il Patto nuovo è stabilito mediante il sangue sparso da Gesù sulla croce. Il pane, nel rito, simboleggia Cristo. "Io", dice Gesù, "sono il pane della vita" (Giov. 6.48). Il vino rappresenta il "sangue" sparso da Gesù sul Golgota; e il sangue, così rappresentato, è il sangue del nuovo Patto, il quale a differenza del Patto antico, è Patto di grazia, d'amore, di perdono, di riconciliazione, di pace: il Patto, che Gesù ha firmato col col proprio sangue in nome di Dio.
Lo spezzare il pane ricorda la vita del Salvatore troncata, spezzata sul legno della croce. Il pane ed il vino, offerti individualmente dicono che la redenzione compiuta da Gesù è virtualmente "edenzione del mondo", ma non diviene effettiva che in quelli i quali se l'appropriano individualmente mediante il ravvedimento e la fede. Il magiare ed il bere esprimono la vera natura della fede, la quale non è un atto soltanto della intelligenza, ma sopra tutto un atto assimilatore della coscienza e del cuore. Sulla riva del Mar di Galilea, Gesù diceva alla folla, nel forte linguaggio adatto alla mentalità di quella gente rozza: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna" (Giov. 6.54). E nello stesso discorso le diceva: "In verità io vi dico: Chi crede ha vita eterna" (Giov. 6.47).
Gesù non promette la vita eterna e due cose differenti; ma nel suo discorso l'una cosa era spiegazione dell'altra. La fede per cui si giunge al possesso della vita eterna, volle significare Gesù, è un "mangiare la sua carne n ed un bere il suo sangue; e, vale a dire, non un atto della mente soltanto, ma sopra tutto, un atto mistico di assimilazione della coscienza e del cuore.